Gli Zattieri del Piave sono stati riconosciuti dall'Unesco Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità.
Un lavoro estenuante quello degli Zattieri e ancor prima dei Boscaioli che tagliavano gli alberi, dei Menadas che li facevano fluitare sui torrenti, dei Segantini che li tagliavano a misura.
I tronchi venivano raccolti intorno al paese di Perarolo di Cadore sul Piave dove gli Zattieri stessi, prima di imbarcarsi nelle Zattere, dovevano “costruirsele” legando assieme i tronchi degli alberi segati.
Una notizia che inorgoglisce le Genti Venete, naturalmente quelle di montagna, ma anche quelle della pianura e della laguna.
Era, infatti, un lavoro che continuava anche a valle, dove la corrente del fiume Piave diminuiva, quando gli Zattieri passavano il testimone ai conduttori dei cavalli che trainavano le Zattere lungo le alzaie sulle rive dei fiumi fino alla laguna e ai marinai dei burci a vela che le trainavano fino a Venezia.
Un complesso di maestranze di varia competenza e organizzazione, un lavoro durissimo che si svolgeva in ogni stagione e con qualsiasi tempo; molto pericoloso durante la navigazione, specialmente nelle rapide dei torrenti, per evitare di infrangersi sui massi affioranti.
Un lavoro estenuante non solo nel fiume ma anche a terra.
Sì, perché, dopo aver lasciato le Zattere a valle, a Falzè di Piave, dovevano ritornare a piedi fino a Perarolo, percorrendo in salita un tragitto di 40 km valicando i Passi di San Boldo o di Praderadego.
L'indomani mattina agli Zattieri spettava il compito di “assemblare” le nuove Zattere, un lavoro di montaggio codificato nei secoli legando fra di loro i tronchi con le sache, ovvero bacchette di nocciolo ritorte.
Per mezzo millennio, dal 1400 al 1900, l'economia delle Dolomiti coinvolse gli Zattieri.
Le strade d'un tempo, infatti, non erano adatte per il traffico pesante.
Ecco, allora, che si caricavano sulle zattere anche i prodotti e le merci della montagna, i passeggeri, e non solo: pietre lavorate, carbone, rame, piombo e ferro estratti dalle miniere bellunesi.
Il trasporto del legname a favor di corrente, o “a seconda”, visto con gli occhi di oggi, si può ben affermare che era un tangibile esempio di sostenibilità “ante litteram”, di non inquinamento, considerando che scendevano a valle ogni anno 3.000 Zattere che trasportavano 350.000 tronchi!
Provenivano soprattutto da tre boschi tutelati: il Bosco di S. Marco a monte di Auronzo, il Bosco da Reme di S. Marco di faggi nel Cansiglio e il Bosco di roveri nel Montello.
Senza gli Zattieri Venezia avrebbe scritto un'altra storia; il legname, infatti, era strategico sia per le palafitte sulle quali erano costruiti i palazzi, le chiese e le rive di Venezia - il Cadore rovesciato, dicono -, sia per l'Arsenale che costruiva navi commerciali e da guerra sia per l'industria, ad esempio, per alimentare i forni per la lavorazione del vetro di Murano.
Le testimonianze di questo tradizionale lavoro si trovano un po' dappertutto in Cadore, ad esempio: nella foresta di Somadida ad Auronzo, nel Museo degli Zattieri di Codissago, Museo del Cansiglio a Farra d’Alpago e recentemente in affreschi lungo i muri in riva a Belluno, tappe d'obbligo lungo la ciclopista Monaco di Baviera-Venezia.
Le foto in acqua sono state scattate nel 2018 a Venezia durante la Regata Storica e lungo il Brenta a Bassano del Grappa nel 2015 durante la rievocazione del trasporto del Baccalà dalla Norvegia a Venezia da parte della "Confraternita dello Stofiss dei Frati di Rovereto".